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- Transizione ecologica: definizione, significato e attuazione
Per comprendere al meglio cosa si intende per transizione ecologica è possibile far riferimento al Piano per la Transizione Ecologica (PTE), il documento elaborato a livello nazionale dal Ministero competente, in coerenza con il Green Deal europeo, che indirizza l’Italia verso uno sviluppo sostenibile e una gestione ecologica. La transizione ecologica, secondo il PTE, si realizza attraverso più direttrici: la decarbonizzazione, con l’incremento della produzione di energia da fonte rinnovabile, la mobilità sostenibile, il miglioramento della qualità dell’aria, la tutela e il rafforzamento della biodiversità, la tutela del mare, il contrasto al consumo di suolo e al dissesto idrogeologico, incluso il potenziamento delle infrastrutture di approvvigionamento idrico, di fognature e depuratori e la riduzione delle perdite idriche, il rafforzamento dell’economia circolare, massimizzando il recupero e il riutilizzo dei rifiuti.
Ciò implica una trasformazione del sistema sociale, economico e produttivo accompagnata dalla spinta dell’innovazione tecnologica e una molteplicità di azioni in diversi ambiti: economia, industria, materie prime, acqua, rifiuti, energia e tanti altri. Alla base della transizione ecologica c’è, infatti, anche il concetto di “interdipendenza” tra i fenomeni naturali, economici e sociali, fondamentale per riuscire a intraprendere un percorso di sviluppo sostenibile.
Le parole chiave della transizione ecologica, che ne permettono una definizione, sono quindi multidisciplinarietà, complessità, sostenibilità, inclusione, decarbonizzazione, economia circolare, resilienza, tutela dell’ambiente naturale. I suoi strumenti sono le energie rinnovabili, l’efficienza e la riqualificazione energetica, l’innovazione tecnologica, la digitalizzazione, la finanza verde, le filiere di approvvigionamento sostenibili e un quadro di nuove regole fortemente abilitante per raggiungere l’obiettivo del cosiddetto “net zero” entro il 2050, cioè l’azzeramento netto delle emissioni di CO2 entro la metà del secolo.
L’impulso verso la transizione ecologica è divenuto sempre più forte negli ultimi decenni. Il cambiamento climatico ha aumentato la sensibilità nei confronti di un cambio di paradigma a favore di modelli di produzione e consumo più sostenibili. Con l’avvio della transizione ecologica si è fatta quindi strada la consapevolezza che è necessario passare da un modello economico lineare ad un modello economico circolare.
Il termine decarbonizzazione implica la progressiva riduzione dell’utilizzo di fonti per la produzione energetica contenenti carbonio (come carbone, petrolio, gas), a forte rilascio di emissioni, tra cui l’anidride carbonica (CO2). Per far ciò occorre aumentare l’efficienza dei consumi sul lato della domanda di energia e sostituire combustibili fossili con alternative rinnovabili sul lato dell’offerta.
Al contempo, è necessario usare meno materie prime. I materiali organici devono poter essere reinseriti nella biosfera e quelli artificiali vanno progettati per essere riutilizzati con una perdita minima di qualità. La depurazione delle acque reflue, il compostaggio dei residui alimentari, la generazione di biogas dalla digestione anaerobica di fanghi e rifiuti organici sono tutti esempi di economia circolare.
Si parla quindi di “transizione” poiché il passaggio a un nuovo modello di sviluppo comporta una fase di trasformazione. Coerentemente con il principio di interdipendenza, occorre adottare un metodo multidisciplinare per affrontare lo sviluppo sostenibile in uno scenario complesso.
Questo modello virtuoso e circolare viene applicato in diverse aree d’azione che trovano espressione negli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e in quelli dell’Accordo di Parigi. Tali obiettivi sono stati incorporati in ambito europeo nel European Green Deal e declinati dai singoli Paesi tramite le iniziative dei Piani Nazionali Integrati Energia e Clima (PNIEC) e dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR).
L’Italia segue anche il Piano nazionale per la Transizione Ecologica, integrato proprio con il PNRR, che presenta la cornice legislativa europea e nazionale in cui si trovano i macro-obiettivi da perseguire per i prossimi 30 anni, oltre che le leve economiche e politiche per renderli attuabili.
Il Piano (PTE) ha individuato specifici obiettivi che possono essere sintetizzati in cinque categorie di intervento:
La transizione ecologica ha quindi impatti su ambiti diversi, molti dei quali gestiti da multiutility come Acea. Le linee d’intervento di Acea sono infatti riconducibili ai punti del Piano (PTE).
Il Gruppo, le cui principali centrali produttive sono idroelettriche, ha incrementato la produzione di energia da fonte rinnovabile (solare fotovoltaico) ed applica soluzioni circolari per la produzione di energia elettrica da biogas (SDG 7 dell’Agenda 2030); da anni, inoltre, sviluppa la filiera dell’economia circolare nella gestione dei rifiuti (termovalorizzazione, recupero di materia, compostaggio ecc.). Il Gruppo è particolarmente attento alla gestione sostenibile della risorsa idrica, promuovendo interventi di riduzione delle perdite ed incremento della resilienza delle infrastrutture (SDG 6 dell’Agenda 2030). L’impegno per la tutela degli ecosistemi su cui insistono le infrastrutture (reti e impianti) è costante e riguarda, ad esempio, il Piano di dismissione dei tralicci in AT e la salvaguardia delle sorgenti idriche.
Operando pragmaticamente nel territorio, attraverso un insieme di servizi al cittadino, Acea ha anche l’obiettivo di agevolare la trasformazione delle città in smart city e la formazione delle comunità energetiche, con infrastrutture di ricarica per una mobilità elettrica sostenibile, reti e infrastrutture di distribuzione intelligenti e digitalizzate.
Nell’ottica di un impegno sempre maggiore verso il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità, Acea ha emesso anche green bond destinati a finanziare iniziative per la tutela della risorsa idrica, la diffusione delle energie rinnovabili, l’economia circolare, il potenziamento della rete elettrica e l’efficienza energetica.
I green bond sono obbligazioni come tutte le altre, con la caratteristica di essere destinate al finanziamento di progetti climatici e ambientali. Esse sono, in genere, regolate secondo i principi dell'International Capital Market Association (ICMA), che ha elaborato delle linee guida chiamate "Green Bond Principles". Questi principi stabiliscono criteri e procedure per garantire che i proventi dei Green Bond siano utilizzati in modo trasparente e responsabile per finanziare progetti sostenibili. Secondo la Climate Bond Initiative, nei primi sei mesi del 2022 sono stati emessi oltre 218 miliardi di dollari di green bond a livello mondiale, e oltre 1.880 miliardi di dollari dal 2015.
L’emissione di green bond ha permesso ad Acea di raccogliere i fondi per investimenti massicci, necessari a realizzare la transizione ecologica ed una maggiore circolarità delle sue attività economiche.
L'implementazione di questi principi di riduzione, riutilizzo e riciclo nelle strategie di decarbonizzazione e sostenibilità ambientale di aziende e governi contribuirà a riequilibrare il rapporto tra lo sviluppo della società e l'ecosistema.
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