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L’acqua non ha prezzo. È un bene indisponibile, indispensabile per la vita ed a cui tutti gli esseri viventi hanno diritto.
Allora cosa si paga in bolletta? Non si paga l’acqua, intesa come materia prima. Quello che si paga è il costo dei servizi di prelevamento alla fonte, di potabilizzazione, di trasporto fino alle abitazioni e, poi, di convogliamento verso gli impianti per la depurazione.
Insomma, se vogliamo che, girando la manopola, dal rubinetto di casa esca il prezioso liquido, dobbiamo partecipare a sostenere il costo del servizio che garantisce all’acqua di giungere fin lì.
Di più: siccome l’acqua è un bene così importante, tanto più saremo chiamati a partecipare ai costi quanto più ne utilizzeremo: è il principio del ‘chi più inquina, più paga’ che l’Europa ha assunto alla base della tassazione ambientale e della gestione del servizio idrico.
Ma chi stabilisce il costo del servizio?
Non è il gestore idrico a stabilire il ‘costo’ dell’acqua. La tariffa da applicare ai vari utenti è stabilita dall’Ente di gestione dell’Ambito (l’AAto 5 nel caso di Frosinone) che è costituito da tutti i sindaci dei Comuni ricompresi nell’Ato, in base alle regole stabilite dall’Autorità di vigilanza del settore (l’Arera) e sulla scorta dei dati di bilancio e di gestione forniti dal gestore del servizio (Acea Ato 5 Spa in Ciociaria), controllati dalla struttura tecnica dello stesso Ambito (la Sto). L’Arera verifica poi (ed eventualmente corregge) che tutte le valutazioni siano state corrette.
Va poi ricordato che un altro principio dettato dall’Unione europea e applicato al servizio idrico: è il cosiddetto “full recovery cost” ovvero l'obbligo di recuperare con la tariffa (cioè il ‘prezzo’ da applicare ai metri cubi consumati) tutto quanto quello che si è speso per la gestione, investimenti compresi.
Con la Legge Galli del 1994, il primo metodo tariffario applicato (così detto ‘normalizzato’) prevedeva essenzialmente che la tariffa media da applicare venisse calcolata dividendo i costi per la gestione annualmente preventivati per il volume totale in metri cubi fatturati agli utenti, ottenendo così il costo di un metro cubo da praticare ai cittadini serviti. La tariffa veniva poi articolata per tipologia di utilizzo e fasce di consumo.
Questo metodo, con più passaggi, si è oggi ‘evoluto’ con l’entrata in scena dell’Authority di regolamentazione che ha cercato di allineare il costo del servizio nelle varie realtà territoriali di tutta Italia in base alle specifiche esigenze di ogni area.
Oggi la tariffa, sempre deliberata dall’Ente d’ambito e quindi dai sindaci, tiene conto dei costi vivi, degli investimenti effettuati, della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito e viene calcolata in base a complicate formule matematiche che ‘miscelano’ i vari aspetti cui la normativa impone di tener conto. Ecco perché l’acqua non ‘costa’ dappertutto uguale in Italia, né sono immaginabili azzardati paragoni: in alcune aree il servizio è già da tempo efficace ed efficiente, con investimenti, opere e impianti realizzati e gestioni di conseguenza più economiche e quindi tariffe più basse; in altre aree il servizio è ancora da implementare e migliorare con opere da realizzare, impianti da costruire e investimenti da effettuare. E, poiché tutti i ‘costi’ debbono passare in bolletta (entro limiti non superabili), ecco perché in tali realtà (come in Ciociaria) la tariffa idrica risulta essere più onerosa.
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